Perché scrivo? Può sembrare strano ma non me l’ero mai chiesto in modo serio, cercando di dare una risposta articolata. Non so se per pigrizia, superficialità, o per scaramanzia, o forse perché le cose più vicine al cuore di ciò che siamo ci sembrano così inevitabili da non richiedere spiegazione. Comunque dicevo io non me l’ero mai chiesto ma invece me l’ha chiesto I libri degli altri.

“Per rispondere alla domanda perché scrivo, credo di dover partire da: perché scrivo quello che scrivo? Cioè: perché scrivo storie venate di angoscia e violenza? Di recente, durante la presentazione del mio nuovo romanzo, mi è capitato di accennare con entusiasmo al meraviglioso “Ninna nanna”, di Leila Slimani, in cui una tata uccide i bambini che le sono stati affidati. Gelo in sala. Una signora, poi, mi ha chiesto, accorata (e, mi è parso, anche un po’ dispiaciuta per me): Ma perché ti interessano queste cose? Non è la prima volta che mi fanno una domanda del genere. Forse perché sono una donna, per di più una mamma, per di più bionda, e posso dare l’impressione di una persona “solare” (mi hanno detto), e rassicurante, alcuni si stupiscono che le storie che amo leggere e scrivere siano il contrario di rassicuranti e solari. Alla signora ho risposto più o meno che forse scrivere del male è un modo di avvicinarmi al male che c’è in noi umani, di esplorarlo, senza restarne danneggiata come succederebbe se lo facessi nella vita vera. E che è anche un modo di esorcizzare la paura del male – io infatti sono paurosissima. Ma non è tutto qui… ” Il pezzo completo si può leggere su I libri degli altri.

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